di Paolo Miotto
Continua con quest’approfondimento il viaggio alla scoperta di S. Martino di Tours nel nostro paese. Fin dall’antichità la devozione verso il santo patrono trovò espressione visibile in molteplici raffigurazioni artistiche. Purtroppo le prime sono documentate solo nelle vecchie carte d’archivio perché sono scomparse da vari secoli. Il più antico ricordo di una committenza pittorica relativa alla figura di S. Martino di Tours risale al 1503. In quell’anno i massari, cioè i responsabili laici della gestione della chiesa, affidarono al pittore Andrea da Murano l’esecuzione di una tavola d’altare ricca di figure. Problemi finanziari però ne ritardarono l’esecuzione e alla fine l’artista la vendette altrove. Più di un secolo dopo, nel 1630, il pittore veneziano Sante Peranda (Venezia, 1566-1638) dipingeva per l’altare maggiore della chiesa storica S. Martino a cavallo che indica ad Attila i santi Pietro e Paolo adirati contro di lui. L’opera rimase in bella vista fino al 1836, quando lasciò il posto alla mediocre pala dell’Ascensione del cittadellese Michele Fanoli (Cittadella, 1807-Milano, 1876). Altri pittori si misurarono in paese col tema di S. Martino. Nei secoli XVII e XVIII il cittadellese Giovanni Battista Zampezzi (Cittadella, 1627-1700) e il castellano Melchiorre Melchiori (Castelfranco V., 1644-1686) affrescarono con i loro pennelli alcune scene della vita di S. Martino. La demolizione dell’antica chiesa parrocchiale per fare posto a quella storica del ‘700, ne decretò però la scomparsa. Non tutto ciò che riguarda S. Martino è però scomparso. L’opera più pregevole è la pala che raffigura la Sacra famiglia fra i santi Defendente, Martino, Giacomo e Filippo.
Questa nel 1774 fu ribattezzata col titolo di S. Defendente e collocata sopra l’arca che contiene le spoglie mortali del martire. È rimasta con la stessa dedicazione anche dopo lo spostamento dell’altare nel transetto destro del duomo. È opera pregevole e della maturità del castellano Giovanni Battista Novello (Castelfranco V., 1589-Ramon di Loria, 1652) che la compì fra il 1641 e il 1647. La composizione pittorica è di ampio respiro e suddivide le sette figure dipinte in due piani tagliati orizzontalmente da una fetta di cielo azzurro fra nuvole: nella sezione superiore, al centro, si trova la scena della sacra famiglia con la Madonna che tiene bambino sul ginocchio sinistro, mentre S. Giuseppe fa loro eco. Alla destra della Madonna appare S. Defendente vestito da guerriero romano col teschio in mano, a ricordare la sua appartenenza alla leggendaria legione Tebea e l’invocazione che gli tributava la confraternita della Buona Morte. Nel piano sottostante è raffigurata la triade formata da S. Giacomo, S. Filippo e al centro S. Martino con le vesti vescovili e il pastorale in mano. Nella chiesa storica progettata da Giorgio Massari rimangono inoltre due importanti cicli di affreschi dedicati alla venerazione del santo di Tours. Il primo e il più importante è la Gloria di S. Martino che si può ammirare sul soffitto che è stato oggetto di vari restauri nel corso del tempo. L’opera appartiene al bellunese Gaspare Diziani (Belluno, 1689-Venezia, 1767) ed è stata realizzata poco dopo il 1750, riprendendo l’analogo affresco presente nella chiesa di San Bartolomeo di Bergamo. Sono identiche le rappresentazioni della Trinità con il Cristo che tiene la croce nella mano destra, di Dio padre tratteggiato a braccia aperte mentre si proietta sui santi centrali delle due composizioni, passando attraverso il gruppo di angeli che attorniano la colomba dello Spirito Santo. Si ripetono le figure centrali di San Martino (nella chiesa luparense) e di S. Domenico (in quella di Bergamo), come pure i panneggi e le movenze degli angeli, la consistenza delle nubi e le tonalità cromatiche che però, nel ciclo luparense, appaiono più accese e vivaci. Dello stesso autore è la lunetta danneggiata dall’umidità situata sopra l’ingresso principale che raffigura la morte di San Martino. Il secondo ciclo di affreschi si trova nella sacrestia della chiesa storica ed è opera del veneziano Pietro Antonio Novelli (Venezia 1729-1804). Questi, nel biennio 1783-84 affrescò la parete sud con i principali santi dell’antica pieve luparense (S. Leonardo di Lovari, S. Biagio di Monastiero, S. Maria Maddalena di Galliera, S. Andrea apostolo di Tombolo) e al centro il vescovo Martino. In questo caso è evidente il tentativo della committenza di affermare l’antica supremazia della chiesa luparense sulle succursali dell’antica pieve, invocando Martino come potente protettore della nuova chiesa consacrata dal vescovo Paolo Giustiniani nel 1777.