di Franco Marchiori
Un ricordo non è un fatto storico. La storia, per essere tale, ha bisogno di certezze, di documenti, di prove, di dati oggettivi… Un ricordo, in quanto prodotto della mente umana, non può che essere soggettivo. Con l’azione del tempo i contorni dei nostri ricordi si sfumano, e vengono involontariamente ri-contornati, ri-contestualizzati, adattati, in qualche modo, col senno di poi. Ma uno storico non può tralasciare i ricordi: possono essere un punto di partenza, uno spunto per future ricerche, una pista da seguire. Un ricordo se intrecciato ad altri, meglio se arricchito con delle prove, opportunamente inserito nello spazio e nel tempo, può divenire fatto storico. Allora eccomi qui a raccontare un ricordo, a mia volta raccontato da il professor Domenico Toniolo, conosciuto all’epoca dei fatti con il nomignolo “Nico dea pesa” e il, recentemente scomparso, signor Orazio Agostinelli. Siamo alla fine del secondo conflitto mondiale, negli anni più bui e nefasti che il genere umano abbia mai prodotto sia a livello mondiale: la Scioah, le bombe atomiche… che a livello locale: l’occupazione nazista, la guerra civile, il rastrellamento del Grappa…
Quattro giovani di Rossano, Eros Giampaolo Arsie (classe 1928), Orazio Silvano Dionello (classe 1925), Ugo Ripoli (classe 1926) e Giovanni Degetto (classe 1926), decisero di compiere un atto che segnò le loro vite in maniera indelebile. Una notte di primavera, o di estate, del 1944 salirono sulla torre del parco dei Sebellin e issarono una bandiera di colore rosso (il lasso di tempo in cui l’episodio può essere avvenuto è compreso fra febbraio ed agosto del 1944).
Siamo negli anni dell’occupazione nazista e una bandiera rossa ha un significato politico inequivocabile! A Rossano, come in altri luoghi, i renitenti alla chiamata alle armi sono molti. I militari che all’8 settembre 1943 si sono trovati allo sbando e sono riusciti in qualche modo a tornare in paese non hanno nessuna intenzione di tornare a combattere e si nascondono in stalle, fienili o da parenti e amici fuori paese (a tal proposito si veda “Il diario di Andrea” edito dall’Istituto Comprensivo di Rossano Veneto, in cui è trascritta una parte del diario di Andrea Beltramello che cerca di sfuggire alla cattura per non essere inviato al fronte). Le proteste in paese sono molte già a partire dal settembre del ’43 quando un gruppo di donne e alcuni uomini impedirono il prelevamento dal grano dall’Ammasso di Rossano per portarlo a Bassano, chiedendo invece la distribuzione del grano alla popolazione (a tal proposito si veda “Nessun ostacolo potrà arrestare la travolgente azione dell’Italia Fascista” edito da Attilio Fraccaro Editore, in cui viene data ampia rilevanza a questo episodio). Il Dionello e il Ripoli lavoravano alle smalterie di Bassano (informazione da verificare) dove ideologie avverse al Nazi-Fascismo cominciavano a serpeggiare e ad attecchire. L’Arsie era figlio di negoziante di tessuti, fu quindi, con molta probabilità, la persona che procurò il tessuto per la bandiera. Il Degetto era coetaneo del Ripoli e probabilmente amico degli altri, le case di abitazione dei quattro ragazzi sono tutte nell’arco di un chilometro: l’Arsie in via Bassano (negozio da “Muscoi”), il Degetto in via salute (trattoria da “Cadore”), il Dionello abitava in via Ghetto (via non più esistente, oggi laterale di via Roma, all’altezza del negozio Oselladore), infine il Ripoli abitava alle “Casette” in via Stazione. Perché proprio dai Sebellin? Lo “Skyline” della Rossano di allora vedeva spiccare pochi elementi, il più alto sicuramente il campanile della Chiesa, posto com’è sopra all’antico “castelliere”, spiccano poi le ciminiere delle varie filande, quella dei Cecchele, dei Meneghetti, dei Bigolin…
Ma fra tutte emerge con una mole di tutto rispetto la “Torricella” di parco Sebellin, una costruzione in stile neo-medievale costruita pochi decenni prima a sancire l’importanza della ricca famiglia in paese. Sempre a ricordo del Toniolo la famiglia a volte si faceva servire la cena sopra alla Torricella per poter così dominare dall’alto tutto i loro possedimenti che si estendevano a perdita d’occhio in molte parti del paese. I Sebellin ebbero poi due esponenti della famiglia direttamente implicati nell’Amministrazione Fascista del Paese: il Tenente Colonnello Achille, Sindaco della prima Amministrazione Fascista di Rossano dal 1923 al 1926 e il fratello Baldassarre secondo Podestà di Rossano dal 1928 al 1933. In realtà l’adesione al Fascismo dei due fratelli è molto differente: Achille fu sicuramente un Fascista della “prima ora”, fra i fondatori del Fascio di Rossano nel 1922; Baldassarre (quasi)mai esplicitamente sostenne il Regime ma, in qualità di primogenito della famiglia di granlunga più importante del paese non potè esimersi dall’assumere ruoli di prestigio a livello politico, sulle orme dei suoi predecessori da sempre presenti nella vita politico-amministrativa del Comune. I destini dei quattro autori del gesto simbolico dell’affissione della bandiera si dividono. Sempre a ricordo del Toniolo i quattro furono denunciati dal “Podestà” Giovanni Martini e l’unico che non riuscì a fuggire alla cattura fu Giovanni Degetto che venne deportato in Germania a lavorare in appositi campi di concentramento per italiani avversi al Regime, Italiani Militari Internati (I.M.I.). Il Toniolo ricorda di averlo visto tornare a Rossano, una volta scarcerato, a Guerra conclusa.
Lo stesso non accadde però agli altri tre compagni, i quali per paura di essere catturati decisero di scappare sul Grappa e si stabilirono con altri “Patrioti” (il termine “Partigiani” verrà adottato in seguito) a Campo Croce.
Proprio i “Patrioti” di Campo Croce decisero di rapire il “Podestà” Giovanni Martini. Questa la descrizione fatta da Cocco Andrea detto “Bill”, comandante del gruppetto di partigiani che eseguì l’operazione, tratta da La resistenza nell’agro bassanese, di Tessarolo P., Moro, Cassola (VI), 1995: Il Magg. della Muti Martini Giovanni Podestà di Rossano V.to era molto temuto in paese. La popolazione ma soprattutto i giovani erano continuamente intimo- riti e minacciati che, se non si fossero arruolati nella R.S.I., sarebbero stati, una volta catturati passati per le armi. A tal fine egli aveva richiesto più volte dei rastrellamenti a Rossano. Nel gruppetto che salì a Campo Croce con me la notte tra il 13 e il 14 agosto 1944 c’erano molti giovani di Rossano V.to, che nutrivano nei confronti del Martini un forte rancore. Da qui la loro insistente richiesta al sottoscritto di andare a prelevarlo e portarlo a Campo Croce. Mi feci loro interprete presso il com.te Giorgi e ottenuta l’autorizzazione la sera del 21 agosto, partimmo per attuare l’azione. Scendemmo con la carretta delle salmerie tirata dal mulo. Oltre al conducente Brotto Valentino vengono con me: Danilo detto ‘il Guastatore’, Enzo Zadra, Dini Armando, Loro Tarcisio, Miron Francesco e alcuni altri di Rossano V.to… Cocco Andrea “Bill” Nella frase: “Nel gruppetto che salì a Campo Croce con me la notte tra il 13 e il 14 agosto 1944 c’erano molti giovani di Rossano V.to, che nutrivano nei confronti del Martini un forte rancore. Da qui la loro insistente richiesta al sottoscritto di andare a prelevarlo e portarlo a Campo Croce.” , c’è una possibile conferma, si parla di giovani saliti a metà agosto che chiedono di rapire il Martini.
La storia ci racconta poi il tragico epilogo dei tre ragazzi. Tra il 18 e il 29 settembre 1944 ebbe luogo l’operazione “Piave”, meglio conosciuta come il Rastrellamento del Grappa. Fu un massacro: il numero delle vittime partigiane ammonta a 230 caduti, dei quali 187 fra bruciati, fucilati e impiccati, 23 morti in combattimento, mentre di 20 persone non si conosce la circostanza della morte (Sonia Residori “Il massacro del Grappa”).
Fra i caduti c’erano: – Eros Giampaolo Arsie, di Giovanni Angelo (commerciante) e di Restelli Anna Maria, nato a Rossano Veneto il 22 novembre 1928, di professione “studente”. Morì in combattimento in località Fossa di Campo, nel territorio montano di Borso del Grappa (TV), il 21 settembre ’44. – Orazio Dionello detto “Pucci” di Giuseppe (operaio) e di Piron Clelia Maria, nato a Rossano Veneto il 22 marzo 1925, di professione “meccanico”. Cadde in combattimento a Prai di Borso del Grappa (TV) il 21 settembre ’44. A lui, in seguito, verrà intitolato un battaglione della Brigata “Martiri del Grappa” guidata da Primo Visentin “Masaccio” a cui apparterrà anche il già citato Andrea Cocco “Bill”. – Ugo Ripoli di Giovanni (operaio) e di Donatello Regina, nato a Rosà il 2 giugno 1926, la famiglia arrivò a Rossano nel 1935. Fu trucidato a raffiche di mitra nei pressi del Cason di Meda, Borso del Grappa (TV), il 24 settembre ’44. Il 28 maggio 1945 fu celebrato il funerale a Rossano di Giampaolo Arsie e Orazio Dionello, con le salme da poco arrivate da Borso del Grappa. Le spoglie dei tre amici giacciono nella cappellina del Cimitero di Rossano, una a fianco dell’altra.