Storia Dentro la Memoria

I dipinti e le sculture della parrocchia di Sant’Anna Morosina (PD)

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I dipinti e gli affreschi scomparsi

La chiesa di Sant’Anna possiede dei capolavori d’arte importanti, altri sono scomparsi a causa degli ingrandimenti della chiesa di fine Ottocento e prima ancora della decadenza di Palazzo Morosini. Fra le pale d’altare scomparse vi è la tela del Cristo Redentore menzionata una sola volta nel 1641 sull’altare maggiore, forse opera di Pietro Liberi, noto ed estroso pittore assai apprezzato anche dai Morosini. La presenza di sculture lignee in ogni caso doveva essere prevalente sui dipinti se il vescovo Civran nel 1663 ordinava di eliminare il simulacro di Sant’Anna posto sopra l’omonimo altare e di sostituirlo con un dipinto di analogo soggetto.

Nel 1698 è attestata la presenza di una nicchia con un rittratto di S. Antonio da Padova, forse dipinto, affiancato dalle statue di S. Francesco e S. Rocco. E’ la prima attestazione del culto del taumaturgo padovano in parrocchia, associato all’immancabile venerazione verso il popolare S. Rocco invocato contro la peste e le malattie epidemiche. C’erano inoltre due Quadri bislongi sopra le Banchette delle donne, un Quadro di Religioso celebrante sopra il Pulpito, un Quadro grande sopra l’Organo, un Quadro con la Cena del Signor sopra le banche delle donne, un detto con il Salvatore ibi, un detto con S. Antonio ibi. Di queste opere si è persa ogni traccia. In questi anni non si fa alcuna menzione delle opere principali, vale a dire gli affreschi scomparsi del Liberi e del Dorigny. E’ un tardo e inedito documento del 1826 a ricordare che nell’altare maggiore si trovava una pala di recente pennello ignoto, col probabile soggetto pittorico della Trinità, mentre i due altari laterali erano posti entro due mezze cuppole, ognuna delle quali è dipinta a fresco dal celebre Cav. Liberi, di cui è opera anche la Facciata della Chiesa. Le dette pitture sono ben conservate.

Non sono noti i soggetti dipinti dal Liberi nelle semilune degli altari e sulla facciata, ma appare probabile che fossero riprodotte scene della vita di Sant’Anna e Maria. Tutti gli affreschi del Dorigny e del Liberi, quest’ultimo coadiuvato dai quadraturisti emiliani Angelo Michele Colonna e Giacomo Alboresi, rimasero al loro posto fino agli interventi di ampliamento e sostituzione degli altari voluti dai parroci Soggioro e Todesco.

Le pale della chiesa di S. Matteo di Padova

La raccolta pittorica più nutrita e importante che si conserva in parrocchia riguarda dodici tele giunte in paese negli anni Trenta. La vicenda è narrata dal Todesco nella primavera del 1931. La pala dell’Altar Maggiore di S. Matteo rimasta senza altare, opera di Pietro Specchietti (dice una storia di Padova) o di Leandro Corona da Murano (come apparisce dal resoconto della Visita pastorale di mons. Luigi Pellizzo 15 marzo 1914) si trova sopra la porta maggiore della chiesa di S. Anna Morosina. Il prelato rappresentato nella pala è probabilmente Mons. Federico Cornelio Vesc. di Padova eletto il 19 Luglio 1577 m. 5 ottobre 1590. Le pale dei due altari rappresentanti l’Annunziata e il martirio di S. Matteo Apostolo sono del Padovanino, ossia di Alessandro Parolari. Dalla stessa chiesa di S. Matteo si ebbero in dono altri otto quadri: Gesù nell’orto, Gesù che porta la croce, Gesù coronato di spine, la Visitazione, la Natività, l’adorazione dei Magi, la Disputa fra i dottori, l’Ultima Cena, quadri d’ornamento più che altro incastrati in un cornicione di legno che percorreva ad una certa altezza l’interno della chiesa. Un altro quadro ancora: una lunetta rappresentante l’Addolorata.

Le rimanenti sette tele misurano metri 2,80×1,15 e raffigurano Gesù nell’orto, Gesù con la croce, la Visitazione, la Natività, l’Ultima cena, l’Adorazione dei Magi (restaurata nel 1995) e Gesù al tempio. Nel settore settentrionale del presbiterio si trova la pala di Gesù incoronato di spine, è l’unica del gruppo a essere firmata con le iniziali F R e a essere datata 1664. Questo nutrito gruppo di pale proviene dalla chiesa di S. Matteo e presenta misure uguali, lasciando nel dubbio se si tratti o no di un’unica committenza artistica. Il disegno e i colori usati evidenziano però esecuzioni di almeno tre artisti diversi. Di queste opere, la tela dell’Addolorata nel 1981 si trovava nella cappella del cimitero parrocchiale, da dove fu trafugata da ignoti. Degradate e in parte lacerate, queste opere furono ben presto dismesse e accantonate fino al loro progressivo recupero e restauro iniziato negli anni Novanta del XX secolo.

La pala della Madonna della cintola di Leonardo Corona da Murano

Sull’altare maggiore della demolita chiesa padovana di S. Matteo fino al 1931 si trovava la bella pala della Madonna della cintola. Nel settore superiore si trova la Madonna col bambino fra uno stuolo di angeli in volo, mentre nel piano inferiore si vedono i santi Sebastiano, Girolamo, Caterina e Giustina. Il vescovo che appare in basso a destra è senza dubbio il committente dell’opera, la cui identità, come ricorda il Todesco, è da far risalire probabilmente [a] Mons. Federico Cornelio Vesc. di Padova eletto il 19 Luglio 1577 m. 5 ottobre 1590. Meno probabile per ragioni temporali è l’eventuale committenza da parte del vescovo bellunese Marco Marchiani, essendo nato quest’ultimo nel 1596. Appena giunta a Sant’Anna nel 1931, la tela, che misura m 3,45×1,88 fu riposta nella controfacciata della chiesa da dove fu presto spostata nell’altare laterale del S. Cuore di Gesù, dove si trova tuttora. Gli storici padovani nei secoli passati l’hanno sempre assegnata a Pietro Specchietti, solo la visita pastorale della chiesa di S. Matteo effettuata dal vescovo Pellizzo nel 1914 la attribuisce per la prima volta a Leandro o Leonardo Corona da Murano. Il restauro eseguito nel 1991 ha permesso di riconoscere la firma dell’autore fra il teschio e la gamba di S. Girolamo: una L maiuscola seguita dal suffisso US (Leonardus) al centro di una corona regale.

Leonardo Corona da Murano (1561-1605). Pala della Madonna della Cintola con i santi Sebastiano, Girolamo, Caterina e Giustina. Olio su tela.

Le pale di Alessandro Varotari, detto il Padovanino

Le due tele del Padovanino sono documentate fin dal Settecento nella chiesa di S. Matteo e ampiamente celebrate da quanti si sono occupati della chiesa padovana, meno dai critici d’arte che, dopo il trasferimento delle due opere a Sant’Anna, ne hanno perse le tracce. Nell’altare di sinistra della chiesa padovana si trovava l’Annunciazione e in quello destro il martirio di S. Matteo. Giungendo a sant’Anna le due opere hanno mantenuto la stessa posizione originaria. Sull’attribuzione delle tele al Padovanino gli storici sono tutti concordi, anche se entrambe sono prive di datazione e firma. Le due pale misurano entrambe cm 180×100 e sono ritornate a splendere dopo i restauri degli anni Novanta che hanno ridato vigore alla vivacità dei colori e del senso del movimento impresso dall’artista. Nelle due pale sono chiaramente presenti gli influssi tizianeschi tipici del quarto decennio del ‘600 quando il pittore arricchisce le sue opere di una nuova fase narrativa e plastiche tipiche della sua maturità.

Alessandro Varotari, detto il Padovanino, (1588-1649). L’annunciazione. Olio su tela.

Alessandro Varotari, detto il Padovanino, (1588-1649), Il martirio di S. Matteo. Olio su tela.

 La pala di S. Matteo che battezza la principessa etiope Ifigenia

L’ultima opera a tornare in chiesa, dopo un lungo e complesso restauro, è la grande pala a forma di mezzaluna (m 10,55×2,75). E’ comunemente attribuita a Francesco Onorati e sarebbe stata dipinta nel 1699, anche se non è firmata e datata. L’unica iscrizione presente sul lato sinistro della tela ricorda i committenti e l’anno di donazione dell’opera a un’anonima chiesa:

EQUORUM LOCATORI

HUIES ECCLESIX

PARROCHIANI V. D. D.

ANNO 1700.

L’opera è di provenienza incerta perché allo stato attuale mancano documenti in grado di stabilirne l’origine. Non è presente negli elenchi del Todesco che riguardano le opere giunte in parrocchia da Padova nel 1931. Non è mai menzionata neppure nella documentazione che riguarda Sant’Anna. La prima menzione risale alla visita pastorale del 1935 quando il parroco scrive il grande quadro sopra la porta maggiore è dell’Honorati. E’ tuttavia verosimile che l’opera provenga dall’ambiente artistico padovano non solo perché nella stessa visita il Todesco lascia intendere che tutte le tele presenti in chiesa provenivano da Padova, ma anche per il soggetto rappresentato (S. Matteo che battezza la figlia del re d’Etiopia Eglippo), che farebbe pensare ad una chiesa dedicata all’apostolo Matteo. Gli storici padovani, che si sono occupati delle chiese padovane, non sono d’aiuto perché non menzionano mai l’opera in questione.

La grande tela in ogni caso è giunta a noi dopo un percorso travagliato. Il parroco Strazzabosco negli anni Sessanta fece di tutto per alienarla. Ritenendo che si trattasse di un’opera il cui valore artistico però è sempre stato valutato molto scarso, la fece rimuovere dalla controfacciata della chiesa, ripiegare in più parti e confinare in un ripostiglio. Stessa sorte riservava alla tela del Cristo incoronato di spine di autore ignoto e di scarso valore artistico. In realtà il parroco era intenzionato a vendere la pala a un gruppo di antiquari di Casale Scodosia che nel 1960 si erano fatti avanti per acquistare vari oggetti dei secoli XVIII e XIX presenti in chiesa. Il 18 febbraio 1964 lo Strazzabosco chiedeva alla curia vescovile l’autorizzazione a vendere le due pale assieme a dodici lampade di ottone che una volta ornavano gli altari e al pulpito dell’800 in legno laccato e dorato. Quattro anni aveva venduto senza autorizzazione curiale una poltrona stile ‘800, due statue della Madonna e di S. Antonio di legno e una sedia. Dalla curia di Padova giungeva un secco diniego invitando il sacerdote a conservare e custodire le opere d’arte. Il parroco però non voleva saperne di quelle pale e così, approfittando di una circolare diramata dalla curia vescovile nel febbraio del 1971 riguardante l’erezione del nuovo museo diocesano d’arte sacra, proponeva di affidare le opere alla curia, precisando che dette tele si trovano attualmente in un salone abbandonato del vecchio asilo parrocchiale. La grande mezzaluna però rimase in parrocchia e fu relegata a coprire le botti della vecchia cantina del conte nell’asilo dismesso. A un certo punto fu misteriosamente rubata e ritrovata a Fontaniva, inducendo la commissione d’arte sacra padovana a trasferirla in città per il museo diocesano fino al suo recente ritorno in paese per essere restaurata. Una storia finita bene, ma costata molto per l’incuria con la quale fu trattata. Trattandosi di un’opera complessa e particolarmente interessante per la composizione delle figure oltre che per l’attribuzione stilistica, meriterebbe uno studio critico appropriato.

Francesco Onorati. San Matteo battezza Ifigenia, figlia del Re d’Etiopia. Olio su tela del 1699.

Le sculture

La tradizionale presenza di simulacri è attestata in epoca antica a Sant’Anna, sicuramente prima dell’esecuzione dei dipinti. Il primo riferimento all’esistenza della statua della Madonna risale al 2 febbraio 1640 quando il parroco annotava le spese effettuate a Cittadella per acquistare il piccolo trono dorato sul quale riporre il simulacro mariano. L’anno successivo la statua assume il titolo di Madonna Incoronata, ricordata anche nel 1707. Nel 1663 si ricorda la presenza anche della statua lignea di Sant’Anna, quando il vescovo decretava che sull’altare della santa titolare fosse posta una pala in sostituzione del simulacro. E’ evidente però che queste raffigurazioni scolpite dovevano essere presenti fin dalla fondazione della chiesa parrocchiale e anche prima. Nel 1698 è documentata l’esistenza delle statue di S. Francesco e S. Rocco ai lati di un non meglio precisato ritratto di S. Antonio da Padova, aumentando il numero delle sculture.

La situazione non cambia neppure nel Settecento perché le nicchie scavate sulle pareti si prestavano meglio a contenere statue piuttosto che tele. Fra il ‘600 e il ‘700 furono realizzati da uno scultore ignoto due pregevoli gruppi in pietra di Costozza ricordati per la prima volta nel menzionato documento del 1826: Non vi sono Palle sopra di questi due altari (laterali) […] ma in vece di palla sono incise in marmo pur di Costozza delle figure in bellissimo atteggiamento, rappresentanti in figure poco men che naturali la B. V. Maria col bambino e S. Giuseppe nell’altare dedicato alla B. V. del Carmine, e nell’altare di S. Anna, S. Gioachino, S. Anna, e la B. V. in figura di piccina Donzella che sembra con un libro in mano che sembra ammaestrata dalla S. sua Genitrice. I due pezzi, alti circa due metri, rimasero nelle nicchie degli altari fino alla fine dell’Ottocento, da allora furono murati nella controfacciata della chiesa, ai due lati dell’ingresso principale evitando la loro dispersione.

Scultore Anonimo del XVII secolo. La Sacra Famiglia. Pietra di Costozza.

La feconda stagione dell’introduzione di nuove statue si ha a cavallo fra il XIX e il XX secolo, con un incremento e avvicendamento della presenza di sculture in chiesa. Le prime a essere sostituite nella seconda metà dell’Ottocento furono le due antiche statue di Sant’Anna e della Vergine del Carmine. La statua di Sant’Anna (m 1,40) posta sull’altare maggiore fu più volte restaurata dal 1909 dal falegname del posto Venturin Francesco. La statua mariana (m. 1,40) è stata restaurata e collocata davanti al presbiterio, sul lato destro. A scolpirle fu il famoso scultore vicentino Giovanni Gasparoni.

Giovanni Gasparoni, Sant’Anna e la figlia Maria. Scultura lignea della metà del XIX secolo.

Il 26 gennaio 1913 s’inaugura il simulacro ligneo di S. Agnese, scolpito dal tirolese Francesco Martiner di S. Ulrich in Val Gardena per il nuovo oratorio ricavato sulle fondamenta dell’antica sacrestia e il 22 ottobre 1917 toccava all’antica statua di S. Antonio lasciare il posto a quella nuova di cartapesta (m 1,20) acquistata il 22 ottobre 1917 a Lecce da Luigi Gnacci.

L’ultimo acquisto riguarda la statua del Sacro Cuore di Gesù (m 1,20) compiuto il 1 giugno 1921 presso la libreria antoniana di Padova. L’avvento della feconda stagione delle pitture degli anni Trenta frena di colpo la lunga fase dei simulacri, senza per questo sminuire la devozione paesana verso le sacre immagini.

Autore: storiadentrolamemoria

Insegnante, ricercatore d'archivio, da oltre 30 anni impegnato nella pubblicazione di volumi e saggi inerenti storie di paesi, fenomeni, persone e cognomi. Collaboratore di quanti intendono scambiare dati e informazioni sulla storia del Veneto e oltre.

4 thoughts on “I dipinti e le sculture della parrocchia di Sant’Anna Morosina (PD)

  1. Sono opere meravigliose e praticamente sconosciute. Anche le piccole chiese di campagna nascondono dei veri capolavori, peccato che siano fuori dai percorsi più noti dell’arte dell’Alta Padovana. Un mondo che meriterebbe di essere riscoperto.
    Antonio Ghion

  2. Mi piacerebbe veder pubblicato qualcosa di analogo anche su altri paesi come Villa del Conte, S. Martino di Lupari, Cittadella e Castelfranco Veneto. E’ possibile avere informazioni e immagini sulla produzione artistica conservata in queste lovcalità?
    E. Guidolin

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